1. FINALITA’ E OBIETTIVI

L’Asilo Nido “La Bacchetta Magica di Gioia Tauro” è un servizio educativo e sociale per la prima infanzia che concorre con le famiglie al benessere psicofisico, all’armoniosa crescita e all’attiva formazione del bambino di età compresa tra i 6 mesi e i 3 anni, garantendo e sostenendo lo sviluppo integrale della persona quale membro della società nel rispetto dell’identità individuale, culturale e religiosa.

Il servizio persegue le proprie finalità attraverso interventi e condizioni relazionali ed ambientali adeguate all’età dei bambini.

Il nostro scopo consiste nel favorire, in stretta collaborazione con la famiglia, l’equilibrato sviluppo del bambino e la sua socializzazione, salvaguardando i diritti e i bisogni dei bambini attraverso un percorso di formazione, informazione e confronto tra educatori e genitori.

  • Gli obiettivi finalizzati allo sviluppo del bambino sono:
  • predisporre un contesto di formazione adeguato allo sviluppo delle potenzialità cognitive di ogni bambino;
  • predisporre un contesto di cura volto allo sviluppo delle potenzialità affettive;
  • favorire e sostenere la progressiva differenziazione e il consolidamento dell’identità individuale;
  • far acquisire al bambino un progressivo senso di sicurezza e competenza;
  • far vivere al bambino esperienze volte alla formazione e al consolidamento dell’autonomia;
  • facilitare nel bambino la comprensione, l’acquisizione e l’interiorizzazione delle regole sociali.
  • Gli obiettivi finalizzati al sostegno del ruolo genitoriale sono:
    • consentire alle famiglie modalità di cura dei figli in un contesto esterno a quello familiare appositamente progettato e predisposto da operatori dotati di specifiche competenze professionali;
    • favorire occasioni di scambio e di confronto con gli operatori del nido e con altri genitori;
    • sostenere le famiglie nei compiti di cura e di crescita dei figli. 

2. I PRINCIPI GENERALI DEL MODELLO PSICO-PEDAGOGICO

Il modello psico-pedagogico del Nido assume come riferimenti teorici il modello psicoanalitico, i richiami montessoriani e gli assunti della pedagogia attivista. Secondo le teorie piagetiane, il bambino ha un’innata predisposizione ad indagare l’ambiente, ad imparare, conoscere, ad aprirsi e ad interagire con gli altri. E’ quindi soggetto attivo dello sviluppo in tutte le sue dimensioni: costruisce, sperimenta ed esplora il mondo senza mai “subire” l’intervento pedagogico dell’adulto.

L’agire educativo, pertanto, è orientato a facilitare l’affermarsi di quelle condizioni in cui il bambino possa crescere sviluppando tutte le potenzialità intellettive di cui dispone, intese come fine e mai come mezzo.

Il concetto di circolarità rappresenta il filo conduttore dell’intervento psico-pedagogico; la costruzione di un modello circolare valorizza l’intervento educativo nel superamento della mera azione di custodia ed assistenza.

L’attenzione rivolta al bambino ed ai percorsi di cui è protagonista favorisce l’interdipendenza tra ambito relazionale  e cognitivo nella loro continua influenza reciproca.

L’applicazione di questi principi di base apre al riconoscimento di un ulteriore rapporto di circolarità, quello tra bambino e adulto, che si influenzano reciprocamente in una logica sistemica. 

In questa prospettiva gli adulti pongono in essere le condizioni per l’attuarsi di un apprendimento relazionale significativo che, in un processo a spirale, si intreccia con gli apprendimenti di tipo cognitivo e mette in moto una catena di trasformazioni nell’interiorità dei bambini.

La professione dell’educatore si esplica quindi in una pratica di facilitazione, agevolazione e strutturazione dell’apprendimento, che trova nel feed-back dei bambini i suoi processi regolativi.

Al personale educativo è richiesta quindi una consapevolezza metodologica ed una competenza professionale tali da garantire al bambino un processo di apprendimento attivo e naturale nel rispetto delle diverse tappe evolutive, in una dimensione di continuità educativa tra asilo e famiglia.

Un altro tratto fondamentale del modello è rappresentato dall’importanza riservata alla strutturazione degli ambienti, dei materiali e degli usi in relazione alle esigenze dei bambini, nella consapevolezza che il processo di apprendimento avviene all’interno di un contesto formato da spazi fisici e sociali.

3. LE RISORSE UMANE

3.1 REQUISITI IN INGRESSO, FUNZIONI E COMPITI

All’interno del Nido opera personale assunto o in rapporto di collaborazione, a seconda delle differenti qualifiche professionali, e inserito in seguito a selezioni specifiche.

Il gruppo degli operatori garantisce nel suo insieme il buon funzionamento complessivo dell’asilo nido, mentre chi coordina e dirige provvede a garantire la formazione e l’aggiornamento di tutto il personale per il sostegno e il continuo sviluppo delle specifiche professionalità.

Per un servizio di qualità è importante garantire la stabilità del personale, in particolare quello educativo, nell’ottica della continuità relazionale/educativa con il bambino.

3.2 LA COORDINATRICE

La coordinatrice pedagogica ha funzioni amministrative, organizzative e gestionali rispetto al servizio e rispetto all’impiego del personale educativo e della cuoca.

Nel dettaglio:

  • gestisce i rapporti istituzionali con:

–  i Servizi presenti nel territorio di competenza (sia pubblici che privati);

–  famiglie già utenti e famiglie utenti potenziali;

  • predispone, attraverso il confronto con il personale educativo, il progetto pedagogico del nido, avendo cura di esplicitarne i valori, i modelli educativi di riferimento e gli obiettivi del servizio, promuovendo lo scambio e la condivisione nel gruppo degli operatori al fine di omogeneizzare il modello teorico e quindi lo stile professionale dei diversi operatori;
  • gestisce e conduce il gruppo di lavoro in tutte le sue fasi;
  • progetta gli interventi e individua le strategie e le modalità operative;
  • ricerca e predispone la relativa documentazione;
  • programma e conduce l’attività di verifica;
  • cura la promozione e la conoscenza del servizio nella zona al fine di ricercare nuova possibile utenza;
  • si occupa della ricerca del personale e del processo di selezione in caso di ricerca dello stesso;
  • rileva i fabbisogni formativi del proprio gruppo di lavoro per attivare processi formativi necessari al mantenimento ed all’implementazione del servizio;
  • predispone strumenti e materiali per il lavoro operativo del personale educativo (strumenti per l’osservazione della relazione educativa e del comportamento del bambino, per la documentazione delle attività del servizio, per la conduzione della comunicazione con i genitori, ecc.);
  • conduce colloqui e riunioni con i genitori, sia collegiali che individuali;
  • verifica che il Piano di Autocontrollo per il Sistema HACCP, di cui è responsabile, sia rispettato in tutte le sue parti dal personale di cucina ed eventualmente gestisce le non conformità;
  • predispone, con la collaborazione del personale di cucina e l’ASL, i menu proposti al nido.

3.3 IL PERSONALE EDUCATIVO

Le competenze attese da questa figura professionale prevedono:

  • la collaborazione, all’interno del gruppo di lavoro, alla progettazione delle attività didattiche;
  • l’accoglienza, la comprensione e la valorizzazione delle esigenze e manifestazioni socio-cognitive, affettive e relazionali legate al processo di crescita di ogni singolo bambino (a questo proposito l’educatrice assume un ruolo di facilitatore, favorendo il processo esperienziale e lasciando al bambino la sensazione di essere libero di sperimentare durante le sue attività);
  • la gestione del complesso delle relazioni con il bambino singolo e con il gruppo dei bambini, attraverso l’applicazione sul campo delle teorie sullo sviluppo psico-affettivo del bambino da 0 a 3 anni;
  • la programmazione, la conduzione, l’osservazione, la documentazione e la valutazione di specifici interventi educativi e di proposte di gioco rivolte al bambino e al gruppo;
  • la gestione delle comunicazioni quotidiane con i genitori, oltre alla gestione delle attività rivolte ai bambini insieme con le loro famiglie (nido aperto, giornata al nido) nell’ottica di curare la collaborazione nido-famiglia;
  • la collaborazione con il personale ausiliario per la manutenzione degli spazi e degli oggetti utilizzati dai piccoli nelle loro attività. E’ importante che chi svolge questo ruolo sia consapevole che la preparazione dello spazio e dei materiali, oltre alla loro cura e al loro riordino quotidiano, è fondamentale in quanto la logica e la continuità orientano i bambini e forniscono un senso al loro “fare”, nonché un ancoraggio in memoria di quanto già vissuto/appreso;
  • la partecipazione alle scelte relative all’acquisto dei materiali didattici, ponendo attenzione alla valenza associata alle sperimentazioni possibili tra materiali;
  • la partecipazione alle riunioni di programmazione e di verifica con la coordinatrice sull’operato organizzativo, pedagogico ed educativo del nido;
  • la cooperazione nel sostegno dei turni di lavoro e nella copertura di eventuali emergenze organizzative (malattie, emergenze delle famiglie dei bambini utenti, ecc.) al fine di garantire il regolare svolgimento del servizio.

3.4 IL PERSONALE AUSILIARIO

Il personale ausiliario è responsabile della pulizia degli spazi, degli arredi e del materiale che nel corso della giornata vengono utilizzati.

Nel dettaglio esso si occupa di:

  • supportare le educatrici nello svolgersi della giornata educativa, in momenti di particolare bisogno (come ad esempio nel caso dei giochi in cui si utilizzano materiali che possono creare disordine, come acqua e farina, o in occasione di feste e/o attività specifiche);
  • partecipare a colloqui individuali di verifica dell’operato con la coordinatrice.

3.5 IL PERSONALE DI CUCINA

Il pasto rappresenta un momento educativo fondamentale nella giornata dei bambini del Nido. Il personale di cucina è responsabile di tutta la catena che va dall’acquisto e approvvigionamento del cibo alla sua somministrazione, regolamentato dal piano di autocontrollo HACCP.

Nel dettaglio esso si occupa:

  • della rilevazione della merce da acquistare, seguendo il menù in vigore;
  • dell’approvvigionamento della merce, la conservazione, la preparazione e la sua somministrazione;
  • della cura, del riordino e della pulizia dei locali di cucina;
  • della compilazione della modulistica relativa al Piano di Autocontrollo;
  • di partecipare a colloqui individuali di verifica dell’operato con la coordinatrice.

3.6 L’ADDETTO AMMINISTRATIVO

Gestisce tutti gli aspetti relativi al bilancio economico del servizio.

4. IL PROGETTO EDUCATIVO

Il progetto educativo concerne due ambiti di azione:

  • la strutturazione degli spazi e dei materiali;
  • l’intervento psico-pedagogico.

La realizzazione del progetto educativo è imprescindibilmente legata alla strutturazione degli ambienti, dei materiali e del loro uso in relazione alle esigenze dei bambini, alle fasce di età e alle caratteristiche delle attività proposte: l’uso dei materiali, lo studio della prossemica e della semiotica nella strutturazione degli ambienti sostanziano il progetto stesso e ne sono parte integrante.

Per quanto concerne la strutturazione degli ambienti, il progetto educativo prevede che gli spazi siano definiti ed organizzati secondo le modalità di seguito riportate.

4.1 GLI SPAZI

4.1.a SEZIONE PICCOLI

La sezione piccoli si propone innanzitutto come “contenitore affettivo”: lo ”spazio morbido” deve dare una sensazione visiva di accoglienza, di protezione e di morbidezza. Il bambino deve sentirsi accolto, protetto e cullato, ed anche al genitore l’angolo morbido deve trasmettere queste sensazioni. L’ambiente viene reso “soft” facendo attenzione alla modulazione dei suoni, delle luci, dei colori, del tono della voce e della comunicazione non verbale, per evitare sovrastimolazioni e garantire risposte affettive.

Gli altri spazi della sezione piccoli devono essere pensati anche riconoscendo al bambino una iniziale identità autonoma rispetto all’adulto. In questo senso i giochi ad altezza di bambino, così come il pannello con i libri, i moduli per il gioco psicomotorio e lo specchio con la sbarra per assumere la posizione eretta, soddisfano il bisogno del bambino di sperimentare ed esplorare l’ambiente in libertà e autonomia (è quindi importante che tutto sia facilmente 

raggiungibile, nonché organizzato e predisposto in modo tale che l’educatrice non sia costretta ad interferire con l’agire del bambino).

4.1.b SEZIONE MEDI E GRANDI

Gli spazi della sezione medi e grandi sono strutturati tenendo in considerazione la maggiore autonomia dei bambini di questa età e, nel contempo, il loro bisogno di un ambiente che offra ancora protezione. 

Soprattutto per ciò che riguarda il gruppo medi, i bambini si trovano nel periodo definito di “riavvicinamento”, in cui è forte il bisogno di andare e di esplorare, ma è altrettanto forte il bisogno di tornare dalla figura di riferimento, per un “rifornimento affettivo” che gli permetta di fortificarsi in vista di nuove esperienze.

Nel gruppo grandi diventa ancora più evidente la ricerca di autonomia, anche se l’adulto rimane un riferimento importante a cui ricorrere. In questa fase il bambino ha interiorizzato piccole regole che la vita in comunità richiede, comincia ad essere in grado di organizzare/organizzarsi momenti di gioco e la socializzazione con i pari diventa un elemento centrale.

Per tali motivi, nella sezione medi e grandi lo spazio è strutturato con angoli ben differenziati per forma, colore e sostanza che non devono essere né troppo aperti né troppo chiusi, in modo da favorire il processo conoscitivo e l’affinamento delle competenze nei diversi ambiti di sviluppo; in questo modo il bambino ha anche la possibilità di scegliere di stare da solo o con gli altri, di partecipare alle attività proposte o di fare giochi a lui più congeniali in quel momento.

L’angolo dell’accoglienza è organizzato con un pavimento antishock e cuscini di varia grandezza; garantisce al bambino la possibilità di gestire autonomamente i momenti di stanchezza ed il suo naturale bisogno di intimità. In questo spazio è inoltre presente la libreria, contenente libri cartonati specifici per l’età, ma possono essere proposti, in alternativa alla lettura, altri materiali tra cui cestini delle sorprese, scatole con saponette, ecc..

I giochi simbolici o di drammatizzazione (“Fare finta di…”) sono stimolati dall’angolo cucina e dall’angolo dei travestimenti, spazi che permettono al bambino di esprimere ogni genere di sentimenti.

L’angolo cucina è arredato con mobiletti che richiamano questo ambiente, arricchito con utensili ed oggetti adeguati al contesto (possibilmente veri oggetti d’uso).

L’angolo dei travestimenti, collocato in prossimità dell’angolo cucina, è organizzato con vari contenitori e appendiabiti; vengono messi a disposizione dei bambini abiti, scarpe, foulard, cinture, cappelli, accessori ecc. e due specchi a parete in cui il bambino può vedersi interamente (questo materiale gli consente di immedesimarsi maggiormente nella figura di cui interpreta il ruolo, la mamma, il papà, il vigile, il dottore, ecc.). In quest’angolo sono anche presenti ceste contenenti peluche e bambole, oggetti in grado di stimolare ulteriormente il gioco simbolico; il bambino può infatti riprodurre le azioni e i momenti di cura che sperimenta, per opera dell’adulto, su di sé (la mamma che coccola, che dà da mangiare, che mette a nanna, ecc.).

Grazie alle sue caratteristiche strutturali (si tratta di uno spazio ben delimitato), l’angolo dei travestimenti può funzionare per i bambini anche come tana, uno spazio in grado di soddisfare il loro bisogno di spazi intimi e raccolti.

4.1.c IL REFETTORIO

Il refettorio è dotato di tavolini bassi con seggiolini e sedioloni, parzialmente delimitato e raccolto. Il cibo per il bambino ha infatti un’alta connotazione affettiva e rappresenta un momento di socializzazione molto importante. Questo momento particolare della giornata, inoltre, può essere vissuto dal bambino come esplorativo e volto alla scoperta di nuovi sapori. Affinché il pranzo rappresenti un momento formativo, è utile che sia svolto in un’atmosfera rilassante e tranquilla, priva di fretta, di ansia e di rumori.

4.1.d LE STANZE DELLA NANNA

Le stanze della nanna devono essere ambienti accoglienti e particolarmente curati in quanto il sonno per il bambino non rappresenta solo una necessità fisiologica, ma è indispensabile nella rielaborazione e nella assimilazione delle esperienze. Inoltre, il sonno, come tutti i momenti di routine, ha una valenza affettiva profonda: è un momento individuale per il bambino e perciò ognuno ha la propria brandina o lettino personalizzati, grazie alle lenzuola portate da casa (che consentono anche una continuità con l’ambiente domestico) e agli oggetti transizionali (peluche, ciucci, stoffe…).

4.1.e IL BAGNO

Il bagno è attrezzato con lavandini bassi, appendini per gli asciugamani personalizzati e con i cambi personali, un fasciatoio su cui è disposto quanto necessario per il momento del cambio (guanti, cestino con creme, salviette, ecc.). Al fine di garantire una buona organizzazione e gestione di questo momento, tutti i materiali devono essere facilmente raggiungibili. 

4.1.f IL GIARDINO

Uno spazio esterno ben progettato crea numerose opportunità di apprendimento sia relazionali sia di conoscenza. E’ importante che le educatrici non considerino il giardino semplicemente come un luogo dove il bambino può “sfogare le sue energie”, anche se è predisposto con giochi e attrezzature di natura psicomotoria (scivoli, tricicli, ecc.), ma che facilitino esperienze con l’ambiente, diventando complici delle svariate opportunità che esso può offrire.

Per quanto concerne l’intervento psico-pedagogico, il progetto educativo si sviluppa attraverso le seguenti fasi:

  • in relazione all’ingresso del bambino nel nido, definisce le modalità per attivare il processo di conoscenza e per facilitare l’ambientamento e la formazione dei gruppi;
  • in relazione al bambino inserito, delinea la scansione della giornata educativa in riferimento ai momenti di accoglienza, di commiato e di cura, alle attività educative finalizzate (comprensive del gioco) e all’utilizzo degli spazi e delle attrezzature ludiche.

4.2 LE RELAZIONI FAMIGLIA/NIDO

Il progetto educativo prevede l’organizzazione di incontri e di occasioni di confronto con le famiglie al fine di instaurare un reciproco rapporto di fiducia, collaborazione e coinvolgimento.

E’ infatti indispensabile che l’ambito familiare ed il contesto del nido, pur con la loro diversità ed autonomia, agiscano in sintonia attivando efficaci processi comunicativi quale contributo alla creazione dell’identità del bambino, che deve crescere sapendosi orientare in situazioni e ambienti diversi ma non contrastanti.

Per un proficuo lavoro del nido con il bambino, la conoscenza della famiglia e la costruzione e il mantenimento di rapporti collaborativi rappresentano una condizione essenziale; il bambino 

giunge al nido inserito in un sistema di relazioni, al quale partecipa attivamente, che contribuisce alla strutturazione della sua identità e dal quale non si può prescindere per una corretta attuazione del progetto educativo.

Per rafforzare la validità degli interventi educativi, il servizio si attiva anche per coinvolgere le famiglie nel processo di crescita dei figli al nido. L’efficacia delle azioni pedagogiche è maggiore qualora la famiglia comprenda e renda propri, in modo critico ma attivo, lo stile educativo, le strategie e le stimolazioni programmate dall’equipe di lavoro del nido nella progettazione didattica, pur nella consapevolezza delle rispettive specificità e delle proprie responsabilità educative.

I rapporti interpersonali sono attraversati da innumerevoli variabili; non è quindi né possibile né utile indicare dettagliate regole per gestire adeguatamente i rapporti tra famiglia e nido.

Esistono tuttavia principi generali che, se applicati con consapevolezza nel singolo contesto, possono favorire una relazione adeguata, tra cui:

  • l’assenza di giudizio;
  • il rispetto;
  • lo scambio;
  • l’empatia;
  • la capacità di costruire un dialogo;
  • la conferma e la valorizzazione degli aspetti positivi dell’altro;
  • la capacità di sostenere la propria identità e responsabilità;
  • la capacità di ricreare un clima di comunicazione positivo, caratterizzato da:

– capacità di ascolto;

– facilità di scambio;

– riservatezza.

4.3 ACCOGLIENZA ED INSERIMENTO DEL BAMBINO

Spesso nella vita dei bambini l’ingresso al nido rappresenta il primo momento di separazione dai genitori e, al tempo stesso, l’incontro con un nuovo ambiente fatto di persone, spazi e oggetti sconosciuti.

La funzione dell’inserimento è quella di aiutare il bambino a familiarizzare con il nuovo ambiente e ad instaurare nuove relazioni con adulti e bambini, condizione essenziale perché il bambino possa elaborare positivamente l’esperienza della separazione dalle figure familiari.

E’ basilare un momento preliminare di conoscenza tra i genitori e gli educatori che si occuperanno del bambino, per conoscere le sue abitudini in relazione alla pappa, al sonno, alle relazioni, alla conoscenza del mondo esterno, alle eventuali separazioni già sperimentate, ecc. È indispensabile creare una situazione di tranquillità emotiva per il bambino ed un rapporto di reciproca fiducia tra il personale ed i genitori.

4.4 LA CONOSCENZA

L’asilo nido ha la necessità di raccogliere informazioni che consentano la conoscenza del percorso di crescita del bambino, della sua storia e di quella della sua famiglia, per calibrare al meglio l’intervento educativo.

Tale conoscenza si può attuare attraverso:

  • il colloquio;
  • le osservazioni.

4.5 I COLLOQUI

Per attivare un processo di conoscenza reciproca ed instaurare un rapporto di fiducia e scambio, sono previsti:

  • un colloquio iniziale, prima dell’inserimento, con il coordinatrice e l’educatrice di riferimento che ha come obiettivo quello di raccogliere, oltre ai dati anagrafici del nucleo familiare, alcune informazioni sulle abitudini del bambino, sulle sue preferenze e gusti personali (cibo, sonno, giochi ed attività), sulle relazioni privilegiate finora stabilite e sullo stile educativo impostato dalla famiglia. Tale colloquio ha inoltre l’obiettivo di raccogliere informazioni utili alla stesura del programma relativo all’inserimento (individualizzato per ciascun bambino);
  • un colloquio al termine dell’inserimento, condotto dall’educatrice di riferimento, durante il quale vengono condivise con la famiglia le prime impressioni sul bambino e le modalità con cui, bambino e famiglia, si sono avvicinati al servizio e alle risorse evidenziate.

Poiché la conoscenza è un processo e non una mera fotografia, durante l’anno è importante mantenere con la famiglia un dialogo che può avvenire attraverso:

  • colloqui individuali “informali” tra educatrici e genitori nei momenti di accoglienza e di commiato giornalieri;
  • colloqui individuali “formali” tra educatrici, coordinatrice e famiglie al fine di confrontarsi e condividere l’esperienza del bambino al nido. Questi momenti rivestono una valenza particolare in alcuni momenti di crescita del bambino e della famiglia (trasferimenti, nascita di un fratellino/sorellina, cambiamenti all’interno del nucleo familiare ecc.) spesso associati a periodi di maggior fragilità osservati nel bambino (maggiore aggressività, minore partecipazione al gioco, difficoltà legate al cibo o la sonno, ecc.);
  • colloqui collettivi tra educatrici, coordinatrice e genitori.

I colloqui seguono uno stile non direttivo, secondo l’accezione di Carl Rogers.

4.6 L’OSSERVAZIONE

E’ una metodologia per approfondire la conoscenza del bambino, utilizzata durante il periodo di inserimento e in momenti/periodi in cui il gruppo di lavoro ne ravvisi la necessità/utilità per comprendere, da un punto di vista affettivo-relazionale, il particolare momento di crescita in atto in quel dato bambino. L’osservazione proposta segue le metodologie del modello Tavistock.

Le osservazioni possono riguardare:

  • le interazioni con i genitori al momento del distacco e del ricongiungimento;
  • le interazioni con gli adulti del nido (persona di riferimento e altre educatrici);
  • le interazioni con i coetanei durante i momenti di routine e il gioco.

4.7 IL PERIODO DELL’INSERIMENTO

Le fasi iniziali di frequenza al nido sono cruciali; si prevedono quindi interventi che consentano ai bambini di sentirsi più sicuri nel nuovo contesto e favoriscano la costruzione di un reciproco rapporto di fiducia tra famiglia e servizio. Con l’ingresso al nido il bambino inizia una delicata serie di esperienze e di eventi nella vita quotidiana, che lo conducono a vivere assieme agli altri, consentendogli non solo di socializzare, ma anche di comprendere le regole del mondo attraverso un processo di negoziazione con persone al di fuori del nucleo familiare. Le prime modalità di relazione sono fondamentali, poiché in base a questi momenti il bambino strutturerà i futuri pattern di interazione con coetanei e adulti.

La progettazione educativa mira a favorire un vissuto positivo relativo a queste prime fasi esperienziali, programmando un attivo ed attento inserimento del bambino nel nuovo contesto.

L’inserimento può essere programmato secondo due metodologie:

  1. ambientamento di gruppo: i bambini vengono accolti al nido a piccoli gruppi composti da tre o quattro soggetti. Questa tipologia di inserimento è quella seguita di preferenza nei periodi di maggiore affluenza al nido (generalmente settembre e gennaio) poiché consente al servizio di accogliere in tempi brevi tutti gli iscritti; ciò consente di evitare la destabilizzazione della sezione dovuta all’inserimento di nuovi bambini, riducendo nel contempo le difficoltà che vive in questi frangenti il personale educativo. Inoltre, il bambino si confronta immediatamente con la dimensione sociale del nido e ai genitori viene offerta la possibilità di condividere l’esperienza del distacco, con conseguente riduzione dell’ansia connessa a tale passaggio;
  2. ambientamento individuale: è la modalità seguita qualora pervengano nuove iscrizioni nel corso dell’anno. In questo caso Il bambino viene inserito al nido attraverso un percorso personalizzato che consente all’educatrice di considerare tutte le istanze legate al singolo bambino e di dedicarsi interamente a lui.

L’inserimento, di norma, si articola in due macro fasi:

  • prima dell’inizio della frequenza, attraverso:
  • una visita dei genitori al nido, durante la quale vengono loro descritti gli spazi, i materiali di gioco e l’organizzazione della giornata, e in cui possono conoscere la responsabile del servizio e il personale educativo;
  • incontri tra le famiglie, la coordinatrice e il personale educativo, in cui vengono fornite tutte le informazioni per aiutare i genitori ad affrontare coscientemente e responsabilmente l’inserimento e per la costruzione di un proficuo rapporto di fiducia.
  • dopo l’iscrizione, attraverso:
  • la graduazione progressiva dei tempi di permanenza del bambino al nido senza i genitori e la costruzione di un positivo clima di relazione con le nuove figure di riferimento;
  • la progressiva gestione del bambino da parte dell’educatrice di riferimento nei momenti privilegiati delle cure fisiche (nel rispetto delle sue abitudini).

Il percorso, di norma, ha una durata non inferiore ai dieci giorni lavorativi, tuttavia la durata dell’inserimento non è rigidamente prefissata; è infatti prevista una flessibilità con possibilità di modifiche al fine di aderire alle specificità di ogni bambino e dei genitori.

A tal fine, l’educatrice di riferimento, stila un programma dell’inserimento, tenendo in considerazione:

  • le informazioni raccolte in sede di primo colloquio con la famiglia e riguardanti le abitudini di vita del bambino, compresi particolari momenti legati allo sviluppo (es. svezzamento) e/o legati alla vita della famiglia (es. nascita di un fratellino/sorellina, lutti, traslochi, ripresa del lavoro ecc.);
  • le osservazioni effettuate durante i primi due/tre giorni di inserimento al nido, che hanno lo scopo di tenere in considerazione le caratteristiche della relazione mamma-bambino e, pertanto, di considerare l’eventuale presenza di difficoltà in sede di separazione o, al contrario, le eventuali risorse, insite nella relazione, da valorizzare durante il periodo dell’inserimento;
  • l’età del bambino: generalmente per i bambini di età inferiore all’anno viene proposto un programma di inserimento più graduale, che tenga in considerazione il maggiore bisogno del bambino di un ambiente che sappia accogliere e soddisfare bisogni primari sino ad ora soddisfatti dall’esclusività delle cure materne.

In quest’ottica, il ruolo genitoriale viene valorizzato attraverso una condivisione del programma di inserimento che va ben oltre la semplice comunicazione dello stesso.

Al fine di pervenire ad una comune pratica dell’inserimento tra il personale educativo, è stata messa a punto una metodologia dell’inserimento in grado di fornire delle linee operative che orientino l’educatrice di riferimento affinché tenga in grande considerazione le variabili spazio-temporali e i fattori legati alle figure di riferimento.

Le linee guida specificate da tale metodologia, infatti, si presentano come una graduale progressione verso una maggiore fruizione da parte del bambino sia degli spazi del nido (inizialmente si occupa uno spazio ben definito e delimitato e gradualmente si invita il bambino ad esplorare altri ambienti) sia dei tempi (si inizia con un’ora durante il momento dedicato al gioco e gradualmente si procede verso l”’esplorazione” di altri tempi/routine).

Inoltre, la progressione riguarda le persone di riferimento: con una certa gradualità, infatti, l’educatrice di riferimento si propone attivamente al bambino come sostituto materno, lasciando che i primi giorni vengano vissuti tanto dal bambino quanto dalla madre come momenti in cui la loro relazione non solo è rispettata, ma anche valorizzata e sostenuta (es. l’educatrice propone inizialmente alla madre giochi e attività da realizzare con il proprio bambino).

Le linee guida indicate dalla metodologia dell’inserimento, inoltre, consentono al personale educativo di avere una cornice comune entro la quale effettuare osservazioni condivisibili e confrontabili sui bambini e i loro genitori, nell’ottica di una pratica della formazione in continuo divenire.

4.8 LA FORMAZIONE DEI GRUPPI DEI BAMBINI

L’interazione tra i pari è uno degli aspetti più significativi per i bambini al nido: i primi scambi sociali sono osservabili già dai primissimi mesi di vita e la loro importanza è cruciale poiché contribuiscono positivamente alla maturazione ed alla strutturazione dell’identità del bambino.

Le modalità di formazione dei gruppi possono avvenire optando tra due scelte metodologiche:

  • composizione delle sezioni omogenee rispetto all’età
  • composizione delle sezioni eterogenee rispetto all’età

Generalmente, per questioni di ordine pedagogico che caratterizzano l’organizzazione del servizio, è preferibile comporre sezioni per fasce d’età omogenee, che sono denominate:

  • sezione piccoli: composta da bambini da sei a dodici mesi
  • sezione medi: composta da bambini da dodici a ventiquattro mesi
  • sezione grandi: composta da bambini da ventiquattro a trentasei mesi

Ad ogni bambino, durante la giornata, è necessario garantire occasioni di rapporto individualizzato con il personale educativo in occasione dei momenti del cambio, del riposo, dei pasti e del piccolo scambio comunicativo.

Per costruire un fecondo rapporto di fiducia tra nido e famiglie è utile esplicitare le metodologie di formazione delle sezioni ai genitori (generalmente ciò avviene durante una riunione programmata prima dell’inizio degli inserimenti).

4.9 L’ORGANIZZAZIONE DELLA GIORNATA EDUCATIVA

L’organizzazione della giornata educativa al nido, se da un lato consente al bambino di svolgere attività stimolanti, dall’altro garantisce quiete e rilassatezza; pertanto vanno progettati tempi lunghi, che consentano una certa profondità nei gesti, nelle attività e nelle esperienze.

4.9.a L’ACCOGLIENZA E IL COMMIATO

L’accoglienza e il commiato, atti solo apparentemente minori, fungono da cornice all’intero impianto educativo, che si compone di tutti i singoli momenti della giornata educativa.

Accoglienza e commiato delimitano il tempo della giornata educativa al nido, rappresentano i momenti in cui il bambino si separa e si ricongiunge con i genitori; la rilevanza di questa circostanza è evidente e non deve essere vissuta dal servizio come semplice momento di entrata e di uscita dalla struttura.

Essendo atti carichi di significatività e di forza simbolica per il bambino e per la famiglia, accoglienza e commiato rappresentano occasioni di relazione sulle quali concentrare l’interesse educativo del servizio e sono utili per scambiare informazioni pregnanti con i genitori.

Per facilitare queste due fasi possono essere attuati alcuni accorgimenti:

  • predisporre un ambiente appositamente dedicato che rimanga stabile nel tempo (es.: davanti all’armadietto del bambino, in una stanzetta dedicata, nella sezione);
  • prevedere entrate ed uscite scaglionate per evitare confusione, per consentire al personale educativo di dedicare più tempo ad ogni bambino e per facilitare comunicazioni individualizzate con i genitori;
  • prevedere il raggruppamento dei bambini in relazione alle entrate e alle uscite scaglionate;
  • assegnare ai compiti di accoglienza e di congedo una educatrice come figura di riferimento, qualora la persona di riferimento del bambino non possa assolvere tale compito;
  • proporre ai bambini rituali di accoglienza e di congedo, come canzoni, filastrocche e giochi da ripetere con regolarità in modo da rendere riconoscibile e gestibile il momento di ingresso e di uscita dal nido;
  • proporre ai bambini, immediatamente dopo il momento della separazione dai genitori, giochi che assolvano il ruolo di mediazione tra nido e famiglia (ad esempio simulare la telefonata a mamma e papà, guidare la macchina, scrivere con il computer come fanno i genitori al lavoro);
  • preparare i bambini al momento del congedo avvertendoli in anticipo dell’arrivo dei genitori;
  • consegnare ai bambini, al momento del congedo, un gioco del nido da portare a casa e riconsegnare la mattina successiva e, viceversa, permettere che al nido il bambino possa portare il proprio gioco preferito da casa, in modo che vi sia una continuità tra i due contesti.

4.9.b I MOMENTI DI CURA

Le routine ricoprono un ruolo fondamentale nella giornata educativa e non devono essere separate dalle altre attività del nido. Il pranzo, il riposo ed il cambio non rappresentano, infatti, semplici cure “assistenziali”, bensì momenti altamente educativi, poiché consentono una conoscenza reciproca tra bambino e adulto ed aprono un ambito privilegiato di interazioni interpersonali; il bambino partecipa attivamente e sviluppa efficacemente intenzionalità comunicativa e strategie cognitive. Inoltre l’adulto, occupandosi delle istanze fisiologiche e di cura del bambino, ne facilita il rapporto con il corpo, l’esplorazione e la conoscenza della realtà. Le teorie psicologiche dell’età evolutiva indicano come, proprio a partire dalle personali esperienze fisiologiche, il bambino inizi le prime avanscoperte alla conquista del mondo circostante ed edifichi un fitto sistema di vissuti fondamentali legati ad ognuna di esse:

  • IL PRANZO: l’atto del mangiare per un bambino ha un alto significato di rapporto affettivo, basti pensare al legame che instaura con la figura materna attraverso il cibo. Il momento del pranzo è un’occasione di socializzazione, di contatto con il personale educativo e con i coetanei e rappresenta uno dei più significativi passaggi dall’intimità familiare ad una situazione sociale nuova ed allargata.

A tavola si apprendono e si interiorizzano molte regole culturali necessarie al bambino per un cammino verso l’autonomia. Inoltre, il cibo si configura come un’occasione di scoperta: il bambino, incuriosendosi ai sapori e assaggiando nuovi piatti, esplora il mondo.

Affinché il pranzo rappresenti un momento formativo è utile che:

– sia svolto in un’atmosfera rilassante e tranquilla;

– siano rispettati i tempi di ciascun bambino e siano calibrati i tempi di attesa tra una portata e l’altra in relazione alle esigenze dei bambini;

– sia rispettato il quantitativo di cibo da servire ad ogni bambino in rapporto all’appetito e sia dosata l’acqua;

– il bambino sia educato alla scoperta, attraverso l’assaggio graduale di nuovi cibi;

– il bambino sia educato alla formazione del gusto.

Per valorizzare gli aspetti comunicativi tra bambini e educatrice e tra coetanei, che il pranzare assieme facilita, è prefigurabile una situazione in cui:

– l’educatrice possa interagire con tutto il gruppo dei bambini;

– l’educatrice abbia nelle vicinanze tutto l’occorrente per il pasto in modo da non doversi allontanare dai bambini;

– il personale predisponga tavoli a “ferro di cavallo” attorno ai quali siedono i bambini, in modo che tutti si possano guardare e interagire, e l’educatrice sia al centro.

Il valore educativo del pranzo varia notevolmente secondo le fasce d’età. Poiché i bambini piccoli durante i pasti sono totalmente dipendenti dagli adulti, è necessaria una continuità della figura di riferimento: il bambino riconosce la persona che gli dà il biberon ed instaura con essa un primo rapporto di fiducia; è quindi importante evitargli eccessivi cambiamenti e relativi sforzi di adattamento.

Nonostante questo sostanziale stato di dipendenza, il bambino, succhiando il biberon, è in una posizione attiva, mentre l’adulto rimane semplice osservatore.

Il ruolo attivo del bambino deve essere mantenuto anche nella fase di svezzamento: l’adulto, rispettando i ritmi del bambino, può intervenire ma non interferire, aiutandolo a mangiare.

Per i bambini grandi, che pranzano in autonomia, è necessario fornire sicurezza offrendo loro un’occasione per vivere questo momento in modo sereno e costruttivo nel rispetto dei propri tempi.

Poiché il vissuto familiare interviene in forma preponderante nel momento del pranzo, è opportuno conoscere le modalità di relazione affettiva mediate dal cibo tra madre e figlio, le abitudini e i gusti del bambino, le eventuali difficoltà psicologiche legate ai pasti; a tal fine è necessario predisporre colloqui con le famiglie per meglio intervenire coerentemente e congiuntamente, ricercando occasioni di mediazione in caso di discrepanze tra l’agire dei genitori e l’agire del servizio.

  • IL RIPOSO: è compito dell’educatrice aiutare il bambino ad addormentarsi e il sonno deve essere vissuto dal piccolo serenamente, per consentirgli di superare ed accettare il distacco dalla realtà.

È importante aiutare il bambino a rilassarsi attraverso la predisposizione di alcuni accorgimenti:

– utilizzare un ambiente adatto, rilassante e tranquillo;

– disporre i lettini a raggiera in modo che l’educatrice possa stare al centro e vicino ad ogni bambino;

– fornire al bambino i suoi oggetti cari;

– tenere il bambino in braccio e cullarlo.

È opportuno che il “distacco” sia delicato, lento ed accompagnato da gesti, carezze, ritmi e rituali, in modo da preparare il bambino al momento del sonno.

Anche al risveglio è necessario prestare particolare attenzione, rispettando i tempi di ciascun bambino:

– parlare con tono basso;

– utilizzare luci soffuse;

– suonare musiche dolci;

– muoversi con calma e senza fretta per favorire il passaggio dal mondo del sonno a quello del reale.

  • IL CAMBIO: la pulizia e il cambio del bambino devono avvenire attraverso esperienze di contatto calde e stimolanti. I momenti di cambio consentono un’interazione corporea tra bambino e adulto e costituiscono per l’educatrice occasioni per instaurare un rapporto individualizzato e privilegiato.

Per il bambino, poiché si sente curato e prova giovamento dalla sensazione di pulito, il cambio è un momento di piacere. 

Affinché questa attività molto coinvolgente sia presentata sotto forma di “dialogo giocoso”, è possibile attuare alcuni accorgimenti:

– favorire la scoperta e la conoscenza del corpo attraverso il toccare, lo strofinare, l’odorare, ecc.;

–  proporre giochi riguardanti la percezione del corpo;

–  favorire un cambio il più possibile individualizzato.

Attraverso un cambio partecipato e condiviso il bambino acquisisce il progressivo controllo degli sfinteri.

Inoltre, il cambio e la pulizia possono rappresentare occasioni d’apprendimento, poiché vengono stimolati tutti i sensi e le relative sensazioni (asciutto/bagnato, caldo/freddo, odorare profumi, guardarsi allo specchio, ecc.).

4.10 LE ATTIVITA’ EDUCATIVE FINALIZZATE

In riferimento alle linee pedagogiche e metodologiche collegialmente condivise e formalizzate nella stesura del progetto educativo, il nido programma una serie di attività, differenziate in 

base alle peculiari caratteristiche dei bambini, all’età, al livello evolutivo e alle potenzialità, che necessitano di essere esplicitate alle famiglie.

Le attività sono riferite al potenziamento di almeno due delle seguenti aree:

– emotiva;

– affettiva;

– sensoriale-percettiva;

– sociale;

– cognitiva-comunicativa;

– espressiva.

Le modalità di gestione del personale educativo nelle attività finalizzate sono esplicitate e prevedono interventi di:

– osservazione partecipante;

– coordinamento;

– contenimento;

– conduzione.

La programmazione delle attività finalizzate, attuate in laboratori accuratamente progettati e strutturati, prevede:

  • per la sezione piccoli: interventi finalizzati a facilitare il contatto fisico, affettivo e relazionale tra bambini e personale educativo e tra coetanei, come ad esempio:

– massaggi e giochi con le creme;

– giochi liberi di scoperta con materiali naturali (es. cestino dei tesori);

– attivazione di percorsi spaziali per le conquiste motorie dei bambini.

  • per la sezione medi: interventi finalizzati a facilitare il contatto sensoriale continuando a rafforzare la stabilità affettiva tra bambini e personale educativo, come ad esempio:

– esplorazione degli spazi della sezione;

– giochi sensoriali con materiali alternativi, quali sassi, conchiglie, legno, ecc.;

– giochi di manipolazione con la pasta, il pane o altri materiali.

  • per la sezione grandi: interventi finalizzati a facilitare il contatto fra i pari, l’individualità e l’autostima, come ad esempio:

– giochi simbolici e di finzione (fingere di cucinare, guidare o essere un’altra persona);

– giochi di travestimento;

– esplorazioni autonome negli spazi della sezione e negli angoli di gioco.

4.10.a IL GIOCO AL NIDO: FARE, DISFARE PER CREARE

Il gioco assume un ruolo centrale nella vita psichica del bambino ed è determinante per il suo sviluppo cognitivo e affettivo, in quanto attraverso di esso il bambino inizia il cammino alla scoperta del mondo che lo circonda. L’attività ludica è universalmente riconosciuta come un aspetto fondamentale della vita del bambino ed è indicata, nell’art. 31 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, come “un diritto innegabile della persona umana che cresce”.

Il nido valorizza la crescita del bambino attraverso il gioco, proponendo significative opportunità di esperienze ludiche e predisponendo un contesto adeguato al momento evolutivo.

La consapevolezza educativa accompagna ogni proposta ludica: il gioco infatti non è mero passatempo, ma rappresenta un atto educativo agito e, pertanto, non affidato al caso.

La spontaneità è qualità intrinseca del gioco: l’adulto può favorire il gioco del bambino, ma non può porre imposizioni e forzature, che snaturerebbero l’essenza stessa del gioco trasformandolo in allenamento/addestramento. L’adulto deve essere capace di osservare e di riflettere sui bisogni del bambino, attento a cogliere/rielaborare/riadattare ogni indicazione fornita dall’osservazione sistemica al fine di organizzare al meglio materiali e contesti di gioco.

Compito del nido è promuovere e facilitare le condotte esplorative e ludiche del bambino, proponendo con gradualità giochi che si adattino alle differenti età dei bambini.

Tra le esperienze ludiche più significative proposte si evidenziano giochi con materiali naturali, poveri, non strutturati, che permettono al bambino di sperimentare una pluralità di sensazioni, percezioni e scoperte e di alimentare la fantasia e l’esplorazione.

4.10.b IL GIOCO CON IL CORPO

L’esplorazione corporea rappresenta il primo gioco del bambino ed è il punto di partenza per la conoscenza di sé: attraverso il corpo il bimbo scopre, capisce e comunica, si misura con il tempo e con lo spazio, acquista sicurezza e si rende consapevole dei propri limiti e delle proprie capacità.

Verso i sei/sette mesi il piccolo batte ripetutamente gli oggetti per richiamare attorno a sé l’attenzione, mentre verso la fine del primo anno di vita (quando inizia a muoversi “a gattoni”) compare il gioco dello spingere, del tirare, del trascinare un oggetto, dell’entrare ed uscire dalle scatole di cartone: strisciarci dentro e camminarci sopra affina la motricità globale, incorporando negli schemi mentali del bambino concetti spaziali come dentro/fuori/sopra/sotto/alto/basso.

In seguito subentra il piacere del gettare lontano un oggetto per vederlo riportare dall’adulto, un semplice gioco attraverso il quale il bambino impara ad elaborare l’ansia della separazione.

Più avanti, verso i tre anni, il bambino raggiunge un’altra tappa molto significativa: si riconosce allo specchio e nelle fotografie e comincia ad indicare e a denominare in modo corretto alcune parti del corpo.

4.10.c IL GIOCO DI ESPLORAZIONE E SCOPERTA

L’attività di manipolazione di oggetti reali con proprietà diverse, viene proposta al bambino quando, pur non essendo ancora in grado di muoversi, inizia a stare seduto da solo.

Il cestino dei tesori viene proposto verso i sette/otto mesi, età in cui nasce il bisogno di una grande varietà di oggetti per stimolare lo sviluppo dei sensi. Maneggiando oggetti di materiale diverso il bimbo può fare scoperte relative ai concetti di peso, forma, rumore e consistenza: all’interno del cestino può scegliere ciò che lo attrae maggiormente, valutando i rapporti fra gli oggetti.

Dai dieci/dodici mesi fino ai venti/ventidue si passa al gioco euristico (da eureka, “ho scoperto”): deve essere proposto ad un gruppo composto di non più di cinque bambini per volta e svolgersi in una zona tranquilla ed in uno spazio adeguato, in cui siano presenti diversi materiali che possano risultare interessanti e stimolanti dal punto di vista sensoriale.

Gli operatori accompagnano ogni bambino verso un “centro di interesse” predisposto, nel quale vengono presentati tre contenitori e tre tipologie di materiale il cui riordino è l’obiettivo del gioco: i bimbi possono cercare i pezzi, catalogarli e raccoglierli nei rispettivi contenitori con l’aiuto del personale educativo, che dà inizio al gioco per connotare ciascun contenitore sulla base di una determinata caratteristica (es. contenitore per gli oggetti lisci, per gli oggetti gommosi, ecc.).

La differenza tra il gioco del “cesto dei tesori” e il “gioco euristico” consiste nel fatto che nel primo caso il bimbo si domanda “che cosa è questo?”, mentre nel secondo si chiede “che cosa posso fare con questo?”.

Il gioco del fare viene così denominato in quanto dà al bambino la possibilità di utilizzare liberamente il materiale fornito: può infatti batterlo, sparpagliarlo, manipolarlo, incastrarlo, romperlo, ecc.. L’attività si evolve nel tempo, proponendo materiali sempre più complessi e sollecitando nel bambino l’uso di nuove strategie, nonché sviluppando destrezza manuale e digitale; il tutto sempre più finalizzato a stimolare la coordinazione oculo-manuale.

I bambini utilizzano quindi il materiale in modo creativo, ma soprattutto si imitano e verbalizzano i loro i sentimenti tra loro.

4.10.d IL GIOCO DI MANIPOLAZIONE

La mano ha un ruolo importante nella crescita, in quanto è un organo collegato alla psiche, che permette una conoscenza diretta del mondo, procurando sensazioni più o meno piacevoli.

Nelle attività di manipolazione vengono usati materiali diversi come creta, farina, sabbia, granaglie, acqua, carta, stoffa, colla, ecc. tramite i quali il bimbo inventa, crea e costruisce, esprimendo e liberando tensioni, conflitti ed impulsi aggressivi. Azioni come impastare, rovesciare, spalmare, schiacciare, spezzettare, ecc. sono di aiuto al bambino in quanto l’atto aggressivo non è mai distruttivo e definitivo: la materia, infatti, si può riparare e recuperare, trasformando il gioco in un atto creativo.

A seconda della tipologia di materiale offerta alla manipolazione otteniamo l’attivazione di sensazioni diverse:

Attività di manipolazione di granaglie e di sabbia: attraverso questo tipo di gioco il bambino migliora il coordinamento occhio-mano, impara a conoscere le relazioni con lo spazio ed il rapporto tra contenente e contenuto, collega causa ed effetto, sperimenta la profondità, la capienza, il volume, il peso e la consistenza dei materiali; scopre rumori e suoni diversi, a seconda delle caratteristiche del materiale manipolato e della velocità di caduta degli oggetti.

Nel caso delle granaglie, vengono proposti farina, pasta, riso e quindi strumenti come cucchiai, imbuti, bottiglie con imboccature di varia grandezza, scatole, bicchierini tipo yogurt, misurini, sacchetti di carta, barattoli di metallo e setacci.

Per la seconda attività occorrono invece sabbia, acqua ed oggetti come palette, imbuti, rastrelli, secchielli, barattoli vari, formine e grosse conchiglie.

Con questi materiali e strumenti i bambini riempiono, svuotano, versano, rovesciano, scuotono, mescolano, guardano, si stupiscono, si confrontano, fanno cadere e lasciano tracce.

Attività di manipolazione della farina: manipolando la pasta di pane (farina, acqua e sale) il bimbo sperimenta direttamente la trasformazione del materiale, la sua consistenza, il suo calore, la sua elasticità, la sua malleabilità, la sua duttilità ed il suo profumo.

Con l’ausilio di strumenti quali matterello, formine per dolci, rotelle per la pasta, ecc. il bambino schiaccia, appallottola, taglia, assaggia, stende, tira, appiccica, ecc.

Nel corso dell’anno si può aggiungere colore all’impasto.

Attività di manipolazione della colla: grazie a questo gioco il bambino sperimenta la costruzione tridimensionale, il passaggio dal micro al macro e viceversa, l’assemblaggio e la divisione degli oggetti in pezzi; su cartoni utilizzati come basi possono essere incollati bottoni, scatole, foglie, rametti, ecc.

Attività di manipolazione dell’acqua: nel corso della giornata i bambini hanno la possibilità di giocare con l’acqua più volte: quando aiutano a pulire i giochi, a lavare i vestiti delle bambole, a bagnare le piante e, soprattutto, durante il bagnetto.

In questo momento possono sperimentare l’uso dell’acqua corrente (cercando di afferrare con le mani l’acqua che scende dai rubinetti), osservare i mulinelli che l’acqua forma mentre scompare nello scarico e giocare con l’acqua in vaschette di plastica (attività che permette di scoprire la galleggiabilità di oggetti diversi).

4.10.e IL GIOCO SIMBOLICO

Per gioco simbolico si intende l’attività ludica del “far finta di…”; comincia attorno ai dodici/quindici mesi e prosegue fino ai cinque anni (trasformandosi nel tempo in un gioco con oggetti).

Nel gioco infantile gli apprendimenti non sono mai separati, ma piuttosto compresenti; nel gioco simbolico, ad esempio, ritroviamo competenze diversificate, che comprendono lo sviluppo affettivo ed emotivo, la rappresentazione mentale dei ruoli, la capacità manuale, il linguaggio ed il ragionamento.

Il gioco simbolico si manifesta quando il bimbo è in grado di interiorizzare il mondo e di rappresentarlo attraverso strumenti cognitivi, come la memoria ed il ricordo.

Si sviluppa su tre livelli successivi:

1) imitativo;

2) trasformativo dell’oggetto;

3) di ruolo.

Nel gioco simbolico c’è quindi sempre un oggetto concreto presente, che “rappresenta” un elemento evocabile dal bambino solo mentalmente. Per la sperimentazione del gioco simbolico è importante che ci sia uno spazio dedicato, ad esempio la casetta, l’angolo dei travestimenti ed altri ambienti quali lo spazio psico-motorio ed il laboratorio della manipolazione.

4.10.f GIOCHI ALL’APERTO

All’esterno dell’asilo nido possono essere disponibili spazi protetti ed attrezzati per consentire ai bambini di giocare all’aperto, prevalentemente nella bella stagione, in cui può essere proposto l’uso della piscina.

Il gioco esterno offre ai piccoli “esploratori” la possibilità di fare molteplici e stimolanti esperienze, attraverso l’osservazione e la raccolta di elementi naturali (foglie, fiorellini, rametti ed animaletti vari) e l’uso di attrezzature come scivoli, altalene, capanne e tunnel, che facilitano giochi di movimento; nelle aree cementate gli operatori possono fornire gessetti colorati con i quali i bambini lasciano le loro tracce.

4.10.g IL RACCONTO

Negli ultimi anni gli asili nido hanno dato nuovamente importanza al racconto come momento che crea intimità fra l’adulto ed il bambino, facilitando la conoscenza reciproca, lo sviluppo dell’immaginazione e del linguaggio.

Giocando con le parole i bambini imparano a parlare e quindi ad ascoltare, ed attraverso le immagini cominciano ad elaborare le emozioni; occorre istituire quindi un ambiente “magico” dedicato al racconto delle storie, in cui i bambini possano esercitare la loro fantasia.

4.10.h LA MUSICA

L’ascolto dell’adulto che canta semplici melodie è per i bambini un momento importante, perché rappresenta un approccio spontaneo e divertente al mondo dei suoni.

La famiglia spesso richiede al personale del nido i testi delle canzoni e delle filastrocche imparate all’asilo, perché i bambini “pretendono” che i genitori le conoscano e gliele cantino 

come le hanno imparate; a tale proposito può essere utile la predisposizione di una sorta di “canzoniere” da consegnare alle famiglie.

I bambini possono essere avvicinati al mondo dei suoni anche grazie alla manipolazione di semplici strumenti a percussione.

4.10.i IL GIOCO SENSORIALE

Attraverso il gioco sensoriale il bambino sperimenta il mondo circostante.

Il compito degli educatori consiste quindi nell’offrire occasioni diversificate di percezione e di conoscenza, predisponendo materiali che stimolino i 5 sensi, indirizzati alla percezione:

  • visiva (materiali di colori tenui, caldi, luminosi, ecc…);
  • uditiva (materiali che producono rumori, suoni, ritmi e differenti intensità);
  • olfattiva (materiali che emanano odori diversi);
  • gustativa (o conoscenza orale dei diversi materiali);
  • tattile (materiali freddi, caldi, ruvidi, morbidi).

4.11 TIPI DI ATTIVITA’ LUDICHE IN RELAZIONE ALL’ETA’ DEI BAMBINI

4.11.a LA SEZIONE PICCOLI

Il coordinamento oculo-manuale e oculo-motorio, lo sviluppo motorio, sensoriale e affettivo, in particolare per bambini non ancora capaci di spostarsi da soli, possono essere soddisfatti attraverso giochi che comprendano:

  • il cestino dei tesori;
  • contenitori in metallo, in legno, rivestiti in corda, accompagnati ad oggetti da poter afferrare, portare alla bocca, infilare nei contenitori;
  • la cassetta con le bottiglie trasparenti contenenti acqua colorata, farina gialla, fagioli, riso, ecc.;
  • il cesto contenente peluches;
  • il cesto contenente le bambole di pezza;
  • i carillon;

Quando il bambino comincia a spostarsi da solo nello spazio gli deve essere offerto tutto ciò che lo stimoli a:

  • effettuare percorsi di movimento, anche attraverso cuscini allacciati tra loro e riempiti con materiali diversi (polistirolo, carta, imbottitura morbida, fagioli, lana, ecc.);
  • sperimentare l’equilibrio attraverso scatole, cubetti in gommapiuma, ecc.;
  • sperimentare l’ingresso e l’uscita attraverso l’uso di scatoloni;
  • trainare e spingere oggetti (cassettine di legno che possono essere trainate tramite una corda o cassette più grosse che possono essere spinte);
  • sperimentare i sensi anche attraverso palle di diverse dimensioni e fatture (in stoffa, in lana lavorate ai ferri, in cotone lavorate all’uncinetto).

4.11.b LA SEZIONE MEDI

Affinare le percezioni tattili, riconoscere l’oggetto ed il suo uso, scoprire i rapporti di causa-effetto, infilare e sfilare, mettere dentro e tirare fuori, sperimentare il movimento ed il contenimento possono essere soddisfatti attraverso:

  • il gioco con oggetti morbidi, che vengono raccolti in cesti e opportunamente catalogati (bambole morbide, animali di peluche, ecc.);
  • il gioco euristico, in cui vari sacchetti nascondono oggetti di differente natura, abaci semplici ma con anelli di diverso materiale (legno, metallo, giunco) e contenitori di forme e materiali differenti;
  • il gioco per nascondersi o proteggersi, basato sulla creazione di tane ricavate nei mobili, negli scatoloni e dietro le tende ad angolo;
  • il gioco di movimento e sperimentazione delle abilità motorie in continua crescita, che può essere attuato attraverso un percorso motorio composta da scatole in cartone resistente, forme in gomma piuma rivestite di stoffe e materiali vari e pannelli sensoriali da predisporre sul pavimento;
  • una iniziale proposta del gioco dei travestimenti, realizzato tramite uno specchio a muro e vari accessori suddivisi per categorie (cesti contenenti bracciali, collane, occhiali, cappelli, guanti, sciarpe, foulards, ecc.);
  • i primi accenni del gioco in “casetta”, che si può realizzare predisponendo un angolo attrezzato con bicchieri, piatti, piccole pentole (possibilmente impilabili);
  • le prime scoperte relative al mondo delle immagini (libri, cartonati, dossier con figure tratte da riviste e raggruppate per categoria di appartenenza).

4.11.c LA SEZIONE GRANDI

Il bisogno di movimento e di socializzazione, lo sviluppo sensoriale e cognitivo, possono essere soddisfatti attraverso:

  • il gioco strutturato e non strutturato realizzato per mezzo di mattoncini duplo con basi idonee, clipo, abaci semplici o con una difficoltà di errore corredati con anelli di diversa grandezza in legno, metallo, stoffa o spugna ritagliata, e ancora quadrati di legno con più fori corredati con lacci di cuoio o stringhe in stoffa per infilare e sfilare, perle in legno forate, sacchetti sorpresa, cassette in legno con coperchio forato che riproducano le forme di oggetti da infilare, ecc.;
  • il gioco di movimento o attività motoria, realizzabile in sezione o in uno spazio esterno attraverso l’uso di strutture fisse, ceste e scatole di diverse dimensioni, cuscini di varie forme rivestiti con stoffe diverse, “tane”, teli grandi, palle, ecc;
  • il gioco dei travestimenti, che può essere effettuato predisponendo angoli con lo specchio, vestiti di qualsiasi tipo, scarpe, borse, cappelli, sciarpe, bracciali, ecc.;
  • il gioco simbolico e di finzione, per il quale occorre uno spazio “casetta” dotato di pentole in metallo, coperchi di misura adatta alle pentole, piatti e bicchieri in melanina e legno, ciotole, cucchiai in legno e metallo, caffettiere di diversa misura, scope, spazzoloni, grembiulini, ecc.;
  • il gioco dei ruoli, per il quale è utile predisporre:

l’angolo dell’ufficio, con tavolino, sedie, piccole lavagne, gessi, matite, agendine, carta, telefono, valigette ventiquattrore;

la cameretta con le bambole, fornita di culle con l’occorrente, fasciatoio, ecc.;

l’angolo della lavanderia, con lavatrice, asse da stiro, ferro, stendibiancheria, cesto per contenere vestitini e pezze da stendere, piegare e stirare;

l’angolo del dottore, con un lettino, la valigetta contenente gli oggetti di lavoro del dottore, una vestaglia bianca, l’armadietto dei medicinali;

l’angolo salotto, con divanetti e giornali a disposizione, che si può trasformare anche in angolo lettura dotato di una libreria con libri adatti all’età e messi a disposizione del bambino e dell’adulto;

l’angolo delle macchinine, con una pista in legno e macchinine in legno e metallo;

l’angolo della fattoria, fornita di animali di dimensioni proporzionali tra di loro.

4.12 LA PROGRAMMAZIONE EDUCATIVA

Il progetto educativo è articolato in una programmazione educativa formalmente redatta ogni anno dall’equipe di lavoro.

La programmazione definisce gli ambiti metodologici e didattici dell’intervento, tiene conto delle competenze del bambino e del contesto ambientale in cui cresce e viene presentata alle famiglie nel corso della riunione che si tiene all’inizio dell’anno educativo (ottobre-novembre).

4.13 LA DOCUMENTAZIONE DELLE ATTIVITA’

La documentazione delle attività proposte all’interno del nido persegue due obiettivi principali:

  • fornire materiale utile ad operazioni di monitoraggio e di valutazione finali e in itinere della prassi quotidiana del lavoro educativo, affinché questa non risulti svincolata dagli obiettivi e dalla metodologia esplicitati all’interno del progetto educativo;
  • predisporre materiale utile alla condivisione con le famiglie di quanto viene prodotto all’interno del nido. In quest’ottica il materiale presentato alle famiglie (solitamente durante la riunione e i colloqui di fine anno) non deve essere inteso come un esercizio, un lavoro valutabile secondo i parametri “eseguito bene o male”, bensì come un segno delle modalità secondo cui il bambino sperimenta ed esprime le proprie competenze e la propria individualità in continuo divenire.

Le attività all’interno del nido possono essere documentate attraverso:

  • materiale video-fotografico dei bambini impegnati nelle attività;
  • produzioni eseguite dagli stessi bambini (disegni, sculture eseguite mediante l’assemblaggio di vari materiali, ecc.);
  • schede di osservazione delle attività.

La documentazione delle attività viene annualmente catalogata e conservata in appositi spazi, nell’ottica di fornire una misura quantificabile e misurabile della continua crescita del servizio in campo educativo.